martedì 17 aprile 2018

I nostri antenati

Questa è la raccolta della sorprendente trilogia di Italo Calvino, che tutti i ragazzi dovrebbero leggere...





TITOLO: I nostri antenati (Il visconte dimezzato - Il barone rampante - Il cavaliere inesistente)
AUTORE: Italo Calvino
EDITORE: Mondadori
PAGINE: 434
PREZZO: € 12,40

















TRAMA

IL VISCONTE DIMEZZATO


Il visconte Medardo di Terralba arriva insieme allo scudiero Curzio all'accampamento cristiano in Boemia per partecipare alla guerra contro i Turchi. Durante la sua prima battaglia, viene colpito da una palla di cannone, che lo squarcia in due metà. Viene ritrovata la sola parte destra, mentre si pensa che l'altra sia andata distrutta. I medici del campo riescono a fasciarla e ricucirla, cosicché il visconte dimezzato si salva e può quindi tornare a Terralba.
Qui i sudditi si rendono conto di come del visconte fosse tornata solo la parte malvagia, che si sbizzarrisce in nefandezze: prima uccide un'averla inviata dal padre (il quale, una volta appurata la cattiveria del mezzo Medardo, si lascia morire), poi accusa ingiustamente la vecchia balia Sebastiana di avere la lebbra e la caccia a Pratofungo, il paese dei lebbrosi. Non contento, condanna a morte numerose persone per reati banali o inesistenti, opprime gli ugonotti a causa della loro religione e tenta più volte, senza successo, di uccidere suo nipote. Tutte le sue prodezze gli valgono il soprannome di "il Gramo". Tempo dopo si innamora di Pamela, una contadinella, ma per punirla d'averlo rifiutato si vendica danneggiando gravemente la sua famiglia.
Nel frattempo il nipote del nobile è solito accompagnare il dottor Trelawney, un medico che è stato un tempo a servizio sulle navi dell'esploratore James Cook in giro per il mondo: i due fanno ricerche sui fuochi fatui appostandosi di notte nei cimiteri. Il ragazzo, girovagando per i boschi, mantiene contatti con la balia Sebastiana a Pratofungo, la quale nel frattempo ha trovato una cura per non essere contagiata dai lebbrosi. Il ragazzino interagisce frequentemente anche con una comunità di ugonotti, tra cui una famiglia che vive commerciando prodotti della terra.
È a Pratofungo che un giorno torna la parte sinistra del visconte - la metà buona, salvata da alcuni eremiti con erbe miracolose, che esordisce salvando il nipote dal morso velenoso di un ragno. "Il Buono", come venne chiamato, predica dottrine per i poveri e i lebbrosi, chiedendo per esempio di abbassare i prezzi dei prodotti agricoli agli ugonotti che abitano vicino al castello; ma di fatto crea altri danni o situazioni imbarazzanti che vanno ad aggiungersi alle vessazioni del Gramo e portano la gente di Terralba a vivere disorientata fra le imprese dell'una e dell'altra delle due metà. Anche il Buono si innamora di Pamela, che ancora una volta rifiuta il pretendente.
Il Gramo discute con la madre della ragazza del piano architettato per prendersi Pamela: anche facendola sposare con l'altra metà, di fronte alla legge avrebbe comunque sposato Medardo di Terralba, quindi anche lui. Il Buono, invece, afferma col padre di lei di voler lasciare la città, permettendo al Gramo di sposare liberamente la giovane. La contadina, però, incontra ambedue le metà del visconte e rassicura entrambi sulla riuscita del matrimonio.
Arrivato il giorno della cerimonia, i due Medardo sono sicuri del successo della propria idea, e primo ad arrivare alla cappella del castello è il Buono, che sposa Pamela. Il Gramo lo raggiunge poco dopo, scoprendo di avere effettivamente un rivale, lo sfida a duello, e dopo una serie di finte e colpi mancati, entrambe le metà tagliano le bende e le cuciture dell'altra. Il dottor Trelawney, che presumibilmente aspettava quest'eventualità, riesce quindi a riunire le due metà riformando il visconte Medardo, che felice sposa Pamela.

IL BARONE RAMPANTE
Ambientato in un paesino immaginario della riviera ligure, Ombrosa, rappresenta come tema centrale la visione dell'autore, poco incline a giudizi e opinioni ottuse.
Il romanzo è narrato da Biagio, fratello minore del protagonista, ed è la storia di un giovane barone, Cosimo Piovasco di Rondò, primogenito di una famiglia nobile tristemente in ritardo sui tempi. Il fatto principale è rappresentato da un litigio avvenuto il 15 giugno 1767 nella tenuta di Ombrosa, tra Cosimo adolescente e suo padre, dopo il quale Cosimo (che aveva litigato col padre in quanto si era rifiutato di mangiare una zuppa di lumache) salirà sugli alberi del giardino di casa e prometterà di non scendere mai più.
Dopo il litigio, la vita di Cosimo si svolgerà sempre sugli alberi, prima nel giardino di famiglia e dopo nei boschi del circondario. La vita di Cosimo sarà piena di avventure, a partire dalle amicizie con i ladri di frutta, fino alle giornate trascorse a caccia o immerso nella lettura. Nella vita del barone non mancheranno nemmeno incontri amorosi.
La fama di Cosimo si diffonderà con rapidità. All'inizio diverrà famoso come fenomeno da baraccone e la sua famiglia quasi se ne vergognerà, ma in seguito troverà anche il modo di conquistarsi la stima della comunità di Ombrosa.
Il ritorno di Viola, suo primo amore, farà scattare un sentimento reciproco, sempre esistito, che si concluderà tristemente per una serie di equivoci e incomprensioni. Quello tra i due sarà un amore forte, anche se la relazione sarà piena di litigi furibondi, di fughe e di rifiuti. Anche la sua fine avverrà in modo insolito; di fatti invecchiato e malato, sentendo sopraggiungere la morte si arrampicherà sulla cima di un grande noce e si appenderà ad una mongolfiera di passaggio. Così, senza tradire il suo intento di non rimettere più piede sulla terra, scomparirà nel cielo, senza neppure concedere alla terra la sue spoglie.

IL CAVALIERE INESISTENTE
I protagonisti di questo romanzo sono due paladini di Carlo Magno: il cavaliere inesistente, di nome Agilulfo (egli è di fatto una lucida armatura vuota) e un giovane inesperto e appassionato, Rambaldo. Quest'ultimo, arrivato al campo dei paladini all'inizio del romanzo, vuole vendicare la morte di suo padre, causata dall'argalif Isoarre; Agilulfo invece combatte per dovere, presumibilmente convinto della sua fede anche se questo punto non è mai chiaro nel romanzo, con un valore che è ammirato da tutti i paladini, ma anche con un senso notevole del dovere, della precisione nel controllare l'andamento delle mansioni degli altri e i propri compiti, per cui i commilitoni lo trovano tanto capace quanto antipatico. Durante lo spostamento che compie Carlo Magno con i suoi paladini per scontrarsi con i nemici, incontrano Gurdulù, un vagabondo che si lascia guidare dall'istinto senza riflettere, e che verrà assegnato come scudiero ad Agilulfo per ordine di Carlo Magno.
Quando ha inizio la battaglia, Rambaldo cerca in tutti i modi di scontrarsi con l'assassino di suo padre, il quale infine muore perché, privato dei suoi occhiali dal ragazzo stesso, non riesce più a difendersi (l'argalif Isoarre è molto miope, quindi senza occhiali non può vedere e dirigere lo svolgimento della battaglia). In seguito il giovane cade in un'imboscata, ma viene salvato dall'intervento di un altro cavaliere con un copricorazza pervinca che, dopo aver combattuto, si allontana senza proferire parola. Tornando a piedi all'accampamento (durante lo scontro il suo cavallo è morto), Rambaldo scopre casualmente che il valoroso cavaliere è in realtà una donna molto affascinante, Bradamante, di cui si innamora immediatamente. La giovane però non è interessata a lui bensì ad Agilulfo, il cavaliere inesistente.
Durante un banchetto, il giovane Torrismondo rivela dei fatti inaspettati sul conto del cavaliere Agilulfo. Infatti afferma che Sofronia, figlia del re di Scozia, la donna che quindici anni prima Agilulfo aveva salvato dall'abuso di due briganti, era già allora madre di Torrismondo, e quindi non era sicuramente vergine; di conseguenza l'assegnazione del titolo di cavaliere ad Agilulfo per aver salvato una vergine da una violenza si rivela non valida. La rivelazione getta nel panico il cavaliere, il quale, per onore, decide di andare a cercare la ragazza per dimostrare che all'epoca era ancora pura. Agilulfo parte, seguito da Bradamante infatuata di lui, la quale è inseguita a sua volta da Rambaldo, innamorato di lei. Nella stessa sera anche Torrismondo parte per ritrovare suo padre, ovvero uno dei cavalieri del "Sacro Ordine dei Cavalieri Del Graal", e per farsi riconoscere come figlio da quest'ordine (dato che la madre gli aveva rivelato di averlo concepito da uno dei molti cavalieri con i quali si era unita, ma di considerare tutto l'ordine padre del bambino). Torrismondo trova i cavalieri del Graal, ma perde le sue ultime speranze quando questi si rivelano come una setta mistica, estraniata dalla realtà e per di più priva di coscienza etica e di tolleranza verso chi non appartiene al loro ordine (la prima sera dopo il loro incontro con Torrismondo, il giovane li vede con sgomento mentre razziano un villaggio).
Dopo varie avventure, che vengono descritte alla spicciolata, e che lo conducono in Scozia e poi in Marocco, Agilulfo trova la donna che cercava, Sofronia, nell'harem di un nobile arabo, ancora illibata, e la riporta nei pressi del campo di battaglia dei Franchi, per dimostrare finalmente all'Imperatore che la donna era vergine nel momento in cui l'aveva salvata, e anzi è vergine tuttora. Anche Torrismondo, però, giunge nei pressi della caverna dove si era nascosta la presunta madre, ed entrambi cedono alla passione amorosa, e tanto basta a vanificare lo sforzo di Agilulfo. Alla fine si scoprirà che Torrismondo non è figlio di Sofronia, ma il fratello. Poi i due fratelli si scoprono fratellastri, e alla fine si saprà che Torrismondo è figlio della regina di Scozia e del Sacro Ordine, mentre Sofronia è nata anni prima dal re di Scozia e da una contadina, e perciò i due, non essendo apparentati, sono liberi di amarsi. Anche Agilulfo, quindi, ha tutto il diritto di essere cavaliere, ma purtroppo, prima che possa sapere la verità, egli si è già tolto la vita: prima di dissolversi lascia in eredità la sua bianca armatura a Rambaldo.
Tempo dopo, Sofronia e Torrismondo, ormai sposati, e Gurdulù, che sembra essere in possesso di capacità di ragionamento, si stabiliscono in un villaggio che i Templari avevano razziato, e vedono stupiti che gli abitanti hanno avuto modo di cacciare i Templari da soli, senza l'aiuto di alcun cavaliere.
A narrare l'intera vicenda è una monaca, suor Teodora, che solo alla fine rivela di non essere altro che Bradamante, tuttora ricercata da Rambaldo. Infine, Rambaldo arriva al monastero e fugge con Bradamante, che lascia incompiuta la sua narrazione.

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